giovedì 28 dicembre 2017

“Respirando” Montepulciano d’Abruzzo DOC

Respirando”
Montepulciano d’Abruzzo DOC
Proprio nel giorno di Natale ho avuto occasione di “sbocciare” con questa bottiglia.
Ottimo vino davvero.
Il retro-etichetta già mi preannunciava tutta una serie di indicazioni che mi colpiscono sul vivo.
Fermentazione naturale in vasche di cemento senza l’aggiunta di lieviti selezionati.
Non chiarificato.
Non filtrato.
Analisi generale…
L’Abruzzoà Si tratta di una regione prevalentemente montuosa/collinare, con un clima particolarmente mite, che diventa più continentale andando verso l’interno e con l’aumentare dell’altitudine. La superficie vitata in Abruzzo supera i 35.000 ettari, di cui quasi il 90% si trova in collina, mentre il 10% è rappresentato da viticoltura montana. La produzione totale di vino supera in 2,5 milioni di ettolitri, di cui oltre il 30% a denominazione DOC e DOCG. Tra i vitigni autoctoni rientra proprio il Montepulciano di oggi.
In Abruzzo c’è una sola DOCG, Il Montepulciano d’Abruzzo delle Colline Teramane DOCG, in pratica una sottozona del Montepulciano d’Abruzzo DOC. 7 sono le DOC e 8 le IGT.
Il vitigno à Montepulciano in purezza. Questo vitigno a bacca nera viene spesso confuso con il Sangiovese. Anzi direi che spesso viene erroneamente inserito come vitigno principale di una DOCG Toscana: il "Vino Nobile di Montepulciano DOCG". I due vitigni non hanno però nulla in comune. Viene coltivato prevalentemente nelle Marche, in Abruzzo e in altre regioni del centro-sud. La sua origine tuttavia è quasi certamente abruzzese.
Il vinoà Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: Zone della provincia di Chieti, Pescara, Teramo, L’Aquila. Si tratta di terreni terreni vocati alla qualità, ubicati in zone collinari la cui altitudine non sia superiore ai 500 metri s.l.m. ed eccezionalmente ai 600 metri per quelli esposti a mezzogiorno. Sono da escludere i terreni siti nei fondovalle umidi.
-          Base ampelografica: 85/100 Montepulciano. Possono concorrere le uve di altri vitigni a bacca nera non aromatici, idonei alla coltivazione nell'ambito della regione Abruzzo, da sole o congiuntamente fino ad un massimo del 15%.
-          Caratteristiche:
o   titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 12,00% gradi alcolici;
o   acidità totale minima: 4,50 g/l;
o   estratto non riduttore minimo: 21,00 g/l;
o   colore: rosso rubino intenso con lievi sfumature violacee, tendente al granato con l'invecchiamento;
o   odore: profumi di frutti rossi, spezie, intenso, etereo;
o   sapore: pieno, secco, armonico, giustamente tannico.
Eccoci ora al “mio
 Montepulciano d’Abruzzo DOC, anno 2013, produttore Emidio Pepe.

Bella bottiglia.
Molto elegante. Informazioni chiare e leggibili. Annata in evidenza sopra l’etichetta (2013), insieme al numero della bottiglia. Bello il colore rosso porpora della capsula e del “marchio”. Quasi ricordava le bottiglie chiuse con la cera (tanto eleganti quanto scomode).
Già la bottiglia era la premessa di un gran vino. Premessa rispettata.
SI tratta di un vino biologico, non filtrato. Necessita di essere fatto respirare. In sostanza appena aperto ha un odore chiuso, quasi di sottobosco bagnato.
Un paio d’ore prima sono sufficienti.
Il vino nel bicchiere si presenta di un rosso rubino profondo, molto intenso.
Al naso sviluppa dei forti sentori di pepe nero. Netta l’amarena molto matura, frutti di bosco neri, leggero speziato dolce di cannella, chiodi di garofano. Un gradevole sentore balsamico veicola e prolunga gli odori. Leggero sentore di tabacco.
Finalmente lo bevo.
Armonico.
Ottimo tannino, morbido e rotondo.
Buona acidità e piacevole sapidità.
Di gran corpo.
Gran persistenza.
Insomma, si tratta effettivamente di un gran vino.
Lo abbinerei sicuramente con dei piatti di carne. Abbinamento regionale top…con un bel arrosticino.
Quindi lo compro?
Prezzo del 2013 introno ai 40 euro. Avrei potuto aspettare a berlo. Si tratta di un produttore che offre vini di gran longevità. Tuttavia ho bevuto comunque un ottimo vino.
Il Montepulciano d’Abruzzo era storicamente un vino poco longevo. Dal ‘67 questo grande produttore offre totalmente un prodotto diverso. Un gran vino predisposto all’invecchiamento.
Quindi si, compratelo senz’altro.
NN

venerdì 22 dicembre 2017

“Piacevolmente asciutto”. “Cipressi”, Nizza DOCG, anno 2014, produttore Michele Chiarlo.

Piacevolmente asciutto”
Nizza DOCG
Proprio ieri ho potuto assaggiare questa Barbera.
Ottimo vino.
Perché ho intitolato la mia analisi con le parole “Piacevolmente asciutto”.
È stato per me l’elemento caratterizzante…quel qualcosa che te lo farà ricordare. Ad ogni sorso infatti la mia bocca rimaneva totalmente asciutta, pronta a bere immediatamente una nuova sorsata. Una sensazione veramente piacevole.
Nizza DOCG
Analisi generale…
Il Piemonte --> Il Piemonte, insieme a Toscana e Veneto, costituisce una delle principali Regioni vinicole italiane, culla di ben 16 DOCG, 42 DOC e nessuna IGT. Veramente una produzione degna di nota.
Il vitigno --> Il Piemonte, in particolare le zone del Monferrato, sono caratterizzata dalla presenza del vitigno di oggi: la Barbera. Questo vitigno a bacca nera, ritenuto autoctono del Piemonte, è uno dei più diffusi in Italia. I vini che ne derivano sono caratterizzati da colore rosso rubino intenso (vista l’importante presenza fenolica) e da una ottima componente olfattiva.
Il vino --> Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: Si tratta sostanzialmente di una sottozona del Barbera d’Asti situata nella zona di Nizza Monferrato.
-          Base ampelografica: 100% Barbera
-          Caratteristiche:
o   titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 13,00% vol.; con indicazione di “vigna”: 13,50% vol.
o   acidità totale minima: 5,0 g/l;
o   estratto non riduttore minimo: 26,0 g/l e 28,0 g/l con indicazione di “vigna”.
o   colore: rosso rubino, intenso, tendente al granato con l'invecchiamento;
o   odore: intenso caratteristico, etereo;
o   sapore: corposo, armonico e rotondo.


Eccoci ora al “mio
 “Cipressi”, Nizza DOCG, anno 2014, produttore Michele Chiarlo.


Purtroppo non ho bevuto questo prodotto nella sua annata migliore…me ne rammarico.
Il 2014 infatti, è stata un’annata piovosa e abbastanza disastrosa per molti produttori. Chi è stato capace ha fatto di necessità virtù, mettendo sul mercato un prodotto comunque all’altezza.
È proprio questo il caso.
Ho bevuto veramente un ottimo vino. Veramente un’ottima barbera.
Però una cosa per volta.
Prima l’analisi visiva.
Etichetta bellissima.
Davvero.
Bella l’immagine. Belli i colori. 
Davvero d’impatto. Non può passare inosservata.
Il retro-etichetta è chiaro e sintetico.
Insomma, visivamente un’ottima bottiglia.
Il vino nel bicchiere risulta limpido e di un rosso rubino intenso, con un’unghia granata appena percettibile.
Al naso intenso.
I profumi quasi eterei.
Quasi come venissero veicolati dalla nota minerale fresca e da quella balsamica che lo contraddistingue. 
Gli odori si percepiscono piuttosto nettamente. Come si direbbe in gergo, un naso pulito. 
Frutta rossa, ciliegia matura, quasi amarena, pepe nero molto netto. Si percepisce poi una leggera violetta, un leggero sentore di legno (il famoso boisé; questo vino fa infatti 12 mesi di botte grande) e una nota di tabacco dolce.
In bocca si conferma elegante. 
Permane fresco, minerale e balsamico.
Il mio amato compare di bevute è sempre fonte d’ispirazione: “Dannazione! Sembra un transessuale…è rosso ma pare quasi un bianco!”.
Lei preferisce i rossi, di stampo “meridionale”, con un gran corpo, di una certa importanza.
È educativo interfacciarsi con chi è appassionato di vino ma non lo “studia”. Il loro commento è molto più eloquente, effettivo e chiaro. Senza filtri. 
Si tratta di un vino rosso più spigoloso e fresco è vero. Molto diverso da un vino Siciliano per intendersi.
Proseguo…
Calda la componente alcolica. 
Ben 14 gradi. 
Il corpo e la freschezza li nascondono bene.
Elegante il tannino.
Il complesso lo rendeva un bel vino davvero. Ho soprattutto apprezzato il fatto che ripulisse ad ogni sorso il palato. Ogni volta ero pronto a bermene ancora.
Lo abbinerei con dei salumi o delle carni rosse.
Quindi lo compro?
Certamente sì. Non ho bevuto l’annata migliore, ma ho bevuto comunque un ottimo vino. Sicuramente un bel segnale.
Giusto il prezzo. Introno ai 12 euro.
NN






mercoledì 20 dicembre 2017

Il Signore degli Anelli e il vino...ebbene si...

Questo post è un poco fuori dal coro.
Tuttavia, riguarda due mie grandissime passioni.
Non ho saputo resistere dal condividervelo e dal commentarlo.

Ormai il Signore degli Anelli è un fenomeno commerciale a 360 gradi....

I libri di J.R.R. Tolkien un lontano ricordo.


I vini messi sul mercato dalla Warner warner bros con il marchio Lotr sono:
- per Frodo --> Lodi Old Vine Zinfandel 2016
Lo Zinfandel è sostanzialmente il Primitivo californiano.
Si dovrebbe quindi trattare di un vino potente, con intensi sapori di frutta nera e note spezziate. Questa la sua descrizione:
"Tastes like: Blackberry, Fig, Plum, Raspberry Jam, Spice
Pairs with: Barbecue, Burgers, Grilled Chicken, Ribs, Sausages
Good for: Barbecues, Casual dinners, Enjoying with friends
Drink this: Now through 2020
Alcohol: 14.5%"
Costo 20 dollari

- per Aragorn --> Appellation Lussac – St. Émilion Contrôlée. Un vino francese della zona di Bordeaux con uvaggio: 80% Merlot, 15% Cabernet Franc, 5% Malbec. Mi aspetto un vino piuttosto elegante con tannini piuttosto morbidi. Non azzardo altre considerazioni al momento. Questa la sua descrizione:
"Tastes like: Black Cherry, Black Currant, Coffee, Damson Plum, Herbs
Pairs with: Beef, Grilled Red Meats, Marinated Red Meats
Good for: Hearty meals, Red wine connoisseurs, Special occasions
Drink this: Now through 2022
Alcohol: 13%".
Costo 25 dollari

- per Galadriel --> sempre un vino francese, un bianco di Bordeaux del 2016. Questa la sua descrizione:
"Tastes like: Citrus Peel, Grapefruit, Lemon, Lemongrass, Mineral
Pairs with: Fish, Fresh Vegetables, Goat Cheese
Good for: Apertifs, Casual gatherings, Picnics
Drink this: Now through 2019
Alcohol: 12%".
Costo: 18 dollari

- per Gandalf --> Monterey County Pinot Noir del 2016.
Questa la sua descrizione:
"Tastes like: Cherry, Forest Floor, Mushroom, Raspberry, Strawberry
Pairs with: Game Bird, Mushroom Risotto, Poultry, Salmon
Good for: Dinner dates, Holiday feasts
Drink this: Now through 2020
Alcohol: 13%"
Costo: 20 dollari.

Chi sa se sarebbero contenti di essere paragonati a questi vini...Frodo poi...un hobbit...va beh.
Questo è quanto.
NN

martedì 19 dicembre 2017

“In un crescendo. Montefalco Sagrantino DOCG”

In un crescendo.
Montefalco Sagrantino DOCG”
Oggi descriverò il "Montefalco Sagrantino DOCG", figlio della terra alla quale devo il 50% del mio DNA. Non lo avevo mai assaggiato prima…
Ottimo vino...
Rustico…
Potente…
All'inizio quasi non sentivo i 15 gradi alcolici, ben mascherati dal corpo e dai profumi del vino…
Poi “in un crescendo” si è rivelato in tutto il suo calore.
Il mio compare di bevute ha così esordito “boia un missile, una bomba, bello ignorante (nel senso più che buono del gergo fiorentino)”. Non posso dargli torto.
Montefalco Sagrantino DOCG, “Carapace”, anno 2010, produttore Tenute Lunelli (Tenuta Castelbuono).

Analisi generale…

L’Umbriaà L'Umbria è una regione sia dal punto di vista climatico (inverni non molto freddi ed estati calde ed asciutte e forti escursioni termiche), che dal punto di vista territoriale (quasi totale assenza di zone pianeggianti), particolarmente vocata alla produzione vitivinicola. Le rese inoltre sono piuttosto basse, presupposto essenziale per una produzione di qualità.
Il vitigno à Il vitigno autoctono Sagrantino, uvaggio esclusivo del vino di oggi, è tra i più diffusi in Umbria. È un vitigno a bacca nera, che da origine a vini particolarmente potenti e che si prestano all’invecchiamento.
Il vinoà Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: Le colline di Montefalco, a sud di Perugia, nel cuore dell'Umbria
-          Base ampelografica: Sagrantino in purezza
-          Affinamento/invecchiamento: Il Montefalco Sagrantino secco può essere commercializzato solamente dopo avere subito un periodo di maturazione di almeno 30 mesi, di cui almeno 12 in botte.
-          Caratteristiche:
o   titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 13%
o   acidità totale minima: 5 per mille
o   estratto non riduttore minimo: 26 per mille
o   colore: rosso rubino intenso, talvolta con riflessi violacei e tendente al granato con l'invecchiamento
o   odore: delicato, caratteristico che ricorda quello delle more di rovo
o   sapore: asciutto, armonico
Se ne produce pure una versione passita, sempre DOCG, che ahimè non ho ancora assaggiato.

Eccoci ora al “mio
Montefalco Sagrantino DOCG, “Carapace”, anno 2010, produttore Tenute Lunelli (Tenuta Castelbuono).


 
Partiamo, come di consueto, dall’analisi della bottiglia.
La definirei “simbolica”.
Molto bello l’emblema delle “Tenute Lunelli” con le fasi lunari.
Bello davvero.
Così come il simbolo sopra il nome del vino, “Tenuta Castelbuono”.
Tutto molto d’impatto.
Anche le scritte descrittive sull’etichetta davanti erano ben fatte. Il rischio è che “impallino” l’etichetta di primo impatto. Questo però non è il caso.
L’ho versato nel bicchiere, avendo cura di farlo respirare un po' (con i vini particolarmente importanti, per corpo e componente alcolica è consigliabile). Il colore era di un rosso intenso, con un’unghia tendente al granato, certamente dovuta ai sette anni di invecchiamento.
Al naso era molto intenso, forse per i profumi “veicolati” dalla forte gradazione e dalla nota balsamica. Prima ciliegia matura, poi amarena, infine prugna. Distinguibile anche una nota di violetta.
Importante presenza anche di note speziate: cannella, chiodi di garofano e pepe.
Una buona nota di legno e di tabacco.
Insomma, un naso molto importante.
Intenso.
Piacevole.
Non si è smentito in bocca. Di grande struttura. Buona acidità e tannino rustico ma piacevole.
Inizialmente il tutto “mascherava” i 15% alcolici…poi si sono palesati in un continuo crescendo. Un vino molto caldo. Caldissimo (come si direbbe dalle mie parti, "l'ho accusato"). Ma in modo piacevole.
Da degustare ad una temperature di 18-20 gradi (come tutti i grandi vini rossi), per accompagnare robusti arrosti di carne della tradizione Umbra, così come selvaggina sia da pelo che da piuma. Ci vedrei molto bene un bel cinghiale.
Quindi come sempre…lo compro?
Direi di sì.
Ottimo vino.
Molto rustico, ma in modo piacevole. Ideale per allietare una bella serata (15 gradi allieterebbero qualsiasi cosa…). Prezzo giusto. Poco meno di 20 euro.
NN



venerdì 15 dicembre 2017

“Prugna. Amarone della Valpolicella DOCG”

Prugna.
Amarone della Valpolicella DOCG”
Questa analisi arriva un po' in ritardo. Questa splendida bottiglia mi fu regalata tempo fa. Nitido e vivo ne rimane però il ricordo. Conservo ancora la bottiglia.
Un buon segno?
In questo caso lo è assolutamente.
Come mai “prugna”? Quando ripenso a questo vino che ho bevuto, il pensiero va subito a quel frutto. Il suo odore era perfettamente distinguibile. Così come tangibile lo era nel suo sapore. Sembrava quasi di mangiare una prugna secca. Incredibile.
Amarone della Valpolicella Classico DOCG “Costasera”, anno 2011, produttore Masi.
Analisi generale…
Il Venetoà Il Veneto è una delle Regioni dove il vino è sinonimo di qualità. Un elemento alla base della sua cultura. Questa Regione costituisce il primo produttore di vino in termini quantitativi in Italia. Infatti, questa terra è particolarmente vocata.
Vi sono importanti catene montuose e una vasta zona pianeggiante, dove si riscontrano notevoli escursioni termiche tra estate e inverno. Mitigate sono le temperature invernali in prossimità del Lago di Garda e nelle zone costiere e pianeggianti, particolarmente torride sono invece durante la stagione estiva.
Il vitigno à Le zone delle Colline del Garda Veronese e la Valpolicella, culla del vino di oggi, sono caratterizzate da tre vitigni a bacca nera: Corvina, Rondinella e Molilnara. La Corvina, vedremo, particolarmente predisposta all’appassimento.
Il vinoà La leggenda dell’Amarone della Valpolicella vuole che sia figlio di una “dimenticanza”. Si narra infatti che un produttore dimenticatosi delle botti contenenti il “Recioto della Valpolicella” abbia ottenuto l’Amarone. Questo vino pare infatti sia l’evoluzione del Recioto. Il Recioto è infatti un vino rosso dolce, ottenuto dall’appassimento delle uve precedentemente elencate, che danno appunto vita al vino stesso. L’Amarone è figlio del compiuto svolgimento di tutti gli zuccheri presenti nel Recioto. In altre parole, un mosto di uve passite portato a completa fermentazione.
Insomma, da un errore è nato un grande vino.
Sarà vero?
Non lo so, voglio però credere sia una storia vera.
Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: sintetizzerei con le zone a nord-est di Verona, in una sorta di mezzaluna (per non annoiarvi troppo).
-          Base ampelografica: Corvina Veronese (Cruina o Corvina) dal 45% al 95 %; è tuttavia ammesso in tale ambito la presenza del Corvinone nella misura massima del 50%, in sostituzione di una pari percentuale di Corvina; Rondinella dal 5 % al 30 %. Sono ammessi fino ad un massimo del 25% totale le uve provenienti dai vitigni:
o   a) a bacca rossa non aromatici, ammessi alla coltivazione per la provincia di Verona[1], nella misura massima del 15%, con un limite massimo del 10% per ogni singolo vitigno utilizzato;
o   b) classificati autoctoni italiani[2] per il rimanente quantitativo del 10% totale.
-          Caratteristiche:
o   titolo alcolometrico volumico effettivo minimo: 14% vol.
o   zuccheri riduttori residui massimo (in sostanza gli zuccheri non fermentati che rimangono nel vino): 12 g/l in presenza di un titolo alcolometrico effettivo di 14% vol.; sono consentiti ulteriori 0,1 g/l di zuccheri residui per ogni 0,10 % vol. di titolo alcolometrico effettivo oltre i 14 % vol. e fino ai 16 % vol., e 0,15 g/l di zuccheri residui per ogni 0,10 % vol. di titolo alcolometrico effettivo oltre 16% vol.
o   acidità totale minima: 5,0 g/l;
o   estratto non riduttore minimo: 28,0 g/l e 32,0 g/l nella versione “riserva”.
o   colore: rosso carico tendente eventualmente al granato con l’invecchiamento;
o   odore: caratteristico, accentuato;
o   sapore: pieno, vellutato, caldo.

Eccoci ora al “mio
Amarone della Valpolicella Classico DOCG “Costasera”, anno 2011, produttore Masi.

Quando mi fu regalato percepii subito il valore di quel dono. Oltre all’affetto di chi me lo aveva comprato.
La bottiglia era elegantissima. Un’etichetta veramente bella, caratterizzante. Azzeccati erano i decori intorno alla parte scritta, che descriverò con le stesse parole del produttore in retro-etichetta: moderni ma dal cuore antico (spero di essermi fatto intendere).
Il vino era di un rosso rubino intensissimo, molto carico.
Al naso “prepotente”, da lontano si percepiva chiaramente un forte odore di prugna secca. Si percepiva poi dell’amarena stramatura. Netti sentori poi di spezie, note di cacao, leggero caffè e tabacco. Forse un po' di cuoio (ma forse la mia immaginazione stava un po' viaggiando per conto suo…).
Al primo sorso si è mostrato eccezionale, intenso, avvolgente. Caldo per il potente tenore alcolico, 15 gradi, ma non in modo eccessivo.
Permaneva a lungo e piacevolmente in bocca.
Purtroppo altro non riesco ad estrapolare dai miei appunti e dai miei ricordi.
Un’ottima scusa per farmene regalare un’altra bottiglia.
Sul prezzo non voglio espormi visto che è stato un regalo. Per me il valore di quella bottiglia è inestimabile.
Vi suggerisco però di acquistarlo assolutamente.
NN





[1] Cui al Registro nazionale delle varietà di viti approvato con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre 2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1)
[2] ai sensi della legge n. 82/06, art. 2, a bacca rossa, ammessi alla coltivazione per la Provincia di Verona di cui al Registro nazionale delle varietà di viti approvato con DM 7 maggio 2004 (GU n. 242 del 14 ottobre 2004) e successivi aggiornamenti (allegato 1)

giovedì 14 dicembre 2017

Carmignano DOCG

Da sempre, Carmignano
Perché da sempre? In realtà è il primo pensiero che mi è balenato in mente appena presa in mano la bottiglia. Questo incredibile vino è forse uno dei più antichi d’Italia pare. Già gli Etruschi “avvitavano” quelle terre…dal VII secolo a.C. La prima citazione scritta del vino "Charmignano" pare sia da attribuire al Notaio Lapo Mazzei, che nel 1300 disse a Marco Datini, mercante pratese, di aver acquistato per suo conto quindici some di vino Carmignano.
Furono poi i Medici a valorizzare questa terre e i loro prodotti. Importarono vitigni dalla Francia tra cui i Cabernet, detto dai vecchi viticoltori "uva Francesca" (proprio perché dalla Francia arrivava). Fu poi il Granduca Cosimo III a delimitare per la prima volta la zona di produzione del vino Carmignano con il bando del 1716 in cui fissava i confini delle quattro zone vinicole più rinomate che gravitano intorno a Firenze: Chianti, Pomino, Valdarno Superiore e appunto Carmignano.
Dal 1990 questo vino è una DOCG.
Analisi generale…
Toscanaà La Toscana è una delle principali zone vitivinicole d’Italia (non solo perché è casa mia bada bene…), con un’elevata superficie vitata è un’elevatissima produzione. Ben 11 sono le DOCG.
È da questa terra che nasce il nome di “super vino” …il famoso termine "Supertuscan". Questo termine viene speso in relazione a quei vini che utilizzano vitigni internazionali e metodi di invecchiamento in barriques. Il Carmignano può essere considerato un progenitore di questa categoria in sostanza.
Il vinoà Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: prodotte nei terreni collinari dei comuni di Carmignano e Poggio a Caiano in provincia di Prato. Con particolare riferimento a quei vigneti situati sorpa ai 400 metri.
-          Base ampelografica: Sangiovese minimo 50%; Canaiolo nero fino al 20%; Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente, dal 10 al 20%; Trebbiano toscano, Canaiolo bianco e Malvasia del Chianti da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 10%. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri vitigni a bacca rossa raccomandati e/o autorizzati per la provincia di Prato fino ad un massimo del 10% del totale.
-          “Invecchiamento”: non può essere immesso al consumo prima del l° giugno del secondo anno successivo a quello di produzione delle uve. Qualora il vino a DOCG “Carmignano” venga immesso al consumo a partire dal 29 settembre (giorno di S. Michele e festa di Carmignano) del terzo anno successivo a quello di produzione delle uve, potrà portare in etichetta la menzione “riserva”. Il periodo di invecchiamento di cui sopra deve essere effettuato in botti di rovere e/o di castagno, rispettivamente per almeno otto mesi per il DOCG “Carmignano” e per almeno dodici mesi per il DOCG “Carmignano” con la menzione “riserva”; si potrà mantenere il 5% di vino dell'annata in affinamento, da usarsi esclusivamente per le colmature, in contenitori diversi dal legno.
-          Caratteristiche:
o   colore: rubino vivace, intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;
o   odore: vinoso con profumo intenso, anche di mammola, e con più pronunciato carattere di finezza per l'invecchiamento;
o   sapore: asciutto, sapido, pieno, armonico, morbido e vellutato;
o   titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;
o   acidità totale minima: 4,5g/l;
o   estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.
Io in pratica cosa ho bevuto?
Carmignano DOCG, anno 2015, “Il Sasso”, Piaggia, Mauro Vannucci. Eccoci al dunque alla MIA analisi:




Perché proprio lui…
Stavolta ho barato. Conosco il Carmignano, è vino che mi piace molto. Scorrendo la carta dei vini l’ho visto…prezzo accessibile (di poco sopra i 20 euro). Il Sasso…Piaggia…Mauro Vannucci…la fama li precede. Ho Voluto quindi assaggiarlo per dire la mia (come sempre).
Quando la cameriera lo ha portato ho avuto subito la sensazione di aver fatto la scelta giusta. Etichetta elegante, bottiglia in rilievo…si beh ho debole anche per queste cose. La bottiglia per altro la definirei un “bottiglione”. Vetro molto pesante, quasi non sembrava una 0,75. Mi ha dato un’idea d’importanza.
L’occhio vuole la sua parte insomma.
Preso la bottiglia ho guardato subito il retro. E quello che voglio da una “retro-etichetta”. C’era scritto tutto. Vitigni, raccolta, metodo di produzione, non filtrato, lieviti autoctoni, invecchiamento in barriques. Insomma, leggendo il retro ho saputo tutto quelle che si potrebbe voler chiedere avendo il produttore davanti.
Mi è piaciuto molto.
Gli uvaggi indicati erano 70% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, 10% Merlot. Sono campanilista per certi versi…meglio più nostrani che internazionali.
L’analisi visiva ha rivelato un vino rosso rubino intensissimo, con riflessi porpora.
Al naso ancora estremamente intenso. Frutta rossa, molto matura, amarena. Sentori di boisé (volevo fare il figo…sentori di legno in sostanza), cannella, chiodi di garofano, bacca di cacao, note balsamiche, leggero tabacco…un tripudio di odori. Insomma, profumo eccezionale.
Sapore intensissimo, avvolgente, di gran corpo e struttura, leggermente sapido, buona acidità e tannino elegante (non allappa né astringe in sostanza). Il tutto quasi mascherava i 14,5 gradi di questo vino. Non dico fosse acqua. Ma “andava giù alla grande”.
Veniamo ora agli abbinamenti. Io personalmente lo berrei accompagnato a formaggi stagionati, carni rosse e cacciagione.
Quindi come sempre: Lo compro o non lo compro?
Beh, direi aspettate. Vi chiederete come mai…l’ho lodato fin ora.
Vero. Verissimo.
È un vino incredibile, prezzo onestissimo (per il tipo di prodotto, sia chiaro).
Però ho bevuto un vino eccezionale…tra qualche anno avrei bevuto un vino più che eccezionale.
Comunque, più che raccomandato. Un vino TOP.
Saluti,
NN



martedì 12 dicembre 2017

“Il Molise non esiste” - Tintilia del Molise DOC

Il Molise non esiste
Oggi smentirò questa affermazione nel modo che meglio mi riesce: bevendo.
Tintilia del Molise DOC, anno 2011, “Lame del Sorbo”, Cantina Vinica, premiato dal “Bellavita di Awards 2015” con tre stelle (il massimo)[1].
Cerco di non farmi mai “abbindolare” dagli eventuali premi conseguiti da un prodotto, tuttavia questo vino ho un suo perché…
Analisi generale…
Il Moliseà Prima di scendere nel dettaglio, vorrei però introdurvi, dal punto di vista enologico, “l’isola che non c’è”.
Il Molise è un Regione molto piccola, perlopiù collinare e montuosa (il che è un bene per il vino: è sempre meglio non farlo in pianura), che vanta una superficie vitata di solo 6.000 ettari circa, con una produzione di 350.000 hl. In sostanza poca roba.
Il vitigno autoctono che la caratterizza è proprio il Tintilia (più tutta una serie di altri vitigni “appartenenti” ad altre Regioni e i classici internazionali). Ammetto di avere un debole per ciò che mi si dice essere autoctono, mi dà l’idea di un qualcosa di esclusivo, di caratteristico, di “casa”.
Il vitigno à La Tintilia è un vitigno piuttosto rustico, che resiste bene al freddo, che però risulta non essere molto vigoroso (in sostanza ha una produzione vegetativa non molto spiccata) e con una produttività piuttosto bassa. L’uva, ha una intensa componente fenolica che dona alla buccia un colore nero-bluastro. Dal punto di vista storico, si narra sia stata introdotto in Molise nella seconda metà del ‘700, durante la dominazione spagnola dei Borboni. Da qui il nome derivante dalla parola spagnola “tinto”, ovvero rosso.  
Il vinoà Il disciplinare, in breve così dispone:
-          Zona di produzione: provincia di Campobasso (sostanzialmente a sud-est della Regione) e Isernia (nella zona sud-ovest e nord-ovest), non al di sotto di 200 m. sul livello del mare.
-          Base ampelografica (vitigni usati): min. 95% Tintilia, max 5% vitigni rossi non aromatici prodotti nelle zone di cui sopra. In sostanza si parla di un vino mono-varietale, una vinificazione in purezza della Tintilia che dà appunto il nome anche al vino
-          Tipologie: Rosso, Rosso Riserva e Rosè. Con le seguenti caratteristiche.
o   “Tintilia del Molise” rosso: gradi alcolici min. 11,50% vol.; acidità totale minima 4,50 g/l; estratto non riduttore minimo (in sostanza quello che rimarrebbe se facessimo evaporare la parte liquida del vino) 21,00 g/l.
§  colore: rosso rubino intenso, con riflessi violacei;
§  odore: vinoso, intenso, gradevole, caratteristico;
§  sapore: secco, armonico, morbido, caratteristico;
o   “Tintilia del Molise” rosato: gradi alcolici min. 11,50% vol.; acidità totale minima 4,50 g/l; estratto non riduttore minimo 18,00 g/l; zuccheri residui massimo 10 g/l.
§  colore: rosato più o meno intenso;
§  odore: fruttato delicato;
§  sapore: asciutto, fresco, armonico, fruttato;
o   “Tintilia del Molise” rosso riserva: gradi alcolici min. 13,00% vol.; acidità totale minima 4,50 g/l.; estratto non riduttore minimo 23,00 g/l.
§  colore: rosso granato con riflessi aranciati;
§  odore: speziato, intenso, caratteristico;
§  sapore: secco, armonico, morbido, caratteristico;
Tutto molto interessante converrete. Tuttavia, io in pratica cosa ho bevuto?
Tintilia del Molise DOC, anno 2011, “Lame del Sorbo”, Cantina Vinica. Eccoci al dunque alla MIA analisi:

Innanzi tutto, perché l’ho scelto…
Volevo risentire questo vitigno. Volevo assaggiare un po' di Molise.
La prima cosa che comunque mi ha colpito positivamente è stata però l’etichetta. Chi sa del delicato mestiere dell’illustratore, mi ha detto: “un’etichetta deve essere chiara e leggibile prima di tutto”. Beh, questa credo sia più che valida. Non pomposa, semplice, diretta…della serie “ehi eccomi cercavi del Molise? Io son qui”. Non ho dovuto indagare minuti per capire che bottiglia fosse in sostanza.
Poi un’altra cosa mi colpito, in negativo però. Premetto che è una cosa puramente estetica e soggettiva. Il tappo. Stile acqua minerale…il famoso tappo a vite.
Esteticamente osceno.
Forte è la diatriba in merito. È effettivamente comodo e “di tappo” non guasterà mai il sapore di un vino. Cosa non da poco.
Però è veramente brutto. Chiedo venia.
Anche questo mio “fastidio” mi ha un po' attratto.
Poi ho letto una cosa che invece adoro. Non filtrato. Bellissimo. Anche qui parlo per me per carità. Però il sapere che “nulla dalla mia bottiglia è stato portato via”, un po' mi emoziona. L’idea che tutto quel che poteva dare sentori e sapori al vino sia rimasto lì, lo vedo come un punto in più. Non importa se non vedrò attraverso il mio bicchiere, se la luce non farà brillare il mio calice, se avrò dei residui all’ultimo assaggio. Io Voglio tutto questo.
La mia compare di bevute, osservando il calice mi ha detto: “guarda una pigna sul fondo”. Che bellezza quei residui…
L’annata, 2011. 6 anni di vino circa. Non pochi. Non credevo, da ignorante, che questo vino potesse arrivare a tanto. Mi sbagliavo. Spiccata era l’acidità e giusto il tannino. Credo che abbia ancora qualche anno di vita innanzi a sé.
L’analisi visiva ha rivelato un vino rosso rubino, piuttosto intenso con un’unghia granata dovuta al passare degli anni.
Al naso si è mostrato intenso. Già a qualche centimetro dal bicchiere palese era il suo aroma…frutta rossa, direi ciliegia matura, e in parte anche qualche sentore di frutta di bosco. Si percepiva nettamente anche una nota speziata…pepe nero, cannella, chiodi di garofano. Anche un leggera nota di bacca di cacao era presente. Insomma, un naso importante. Nonostante si tratti di un vino non filtrato non ha rivelato eccessive “puzzette”, mantenendo una buona pulizia.
Sapore intenso, spiccata acidità e buona tannicità. Non molto corposo, ma non leggero. Leggera era anche la nota sapida. Alcolico a sufficienza, caldo, 13 gradi alcolici.
Veniamo ora agli abbinamenti. Io personalmente lo berrei con della carne rossa non troppo elaborata. Forse anche dell’agnello. Non lo vedo però all’altezza della cacciagione.
Quindi? Lo compro o non lo compro, mi direte…
Beh io direi assolutamente sì. Il prezzo si aggira mediamente intorno ai 14 euro. Li vale assolutamente. Però quel tappo…
NN





[1] Manifestazione “Bellavita di Amsterdam”, organizzata dall’Unionecamere Molise in collaborazione con la Regione Molise.