L’IMPIANTO DEI VIGNETI: DA DIRITTO AD AUTORIZZAZIONE
Mi trovo oggi a riflettere su questo cambiamento. Perché è stato fatto?
Volevo non essere noioso, ci proverò...
I Diritti di Impianto nascevano
come autorizzazioni di natura amministrativa, con uno scopo ben preciso:
mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta di vino in Europa.
Infatti, nel mercato interno, la produzione risultava eccessiva rispetto al consumo, con le
conseguenti crisi per le aziende produttrici. Il primo intervento rivolto ad
evitare che tali eccedenze diventassero di natura strutturale risaliva alla
metà degli anni ’70: il Reg. (CEE) 17 maggio
1976, n. 1162.
Con tale provvedimento si faceva divieto, per un periodo che
andava dal primo dicembre 1976 al 30 novembre 1978, agli stati comunitari di autorizzare
qualsiasi nuovo impianto di viti destinate alla produzione di uva da vino[1].
Sostanzialmente con questo primo intervento si mirava ad una riduzione del quantitativo
prodotto, cercando di favorire una migrazione dei produttori verso vini di
maggior qualità e con più mercato, erano infatti previste una serie di
eccezioni in tal senso[2]. Il
divieto è stato più volte riproposto per brevi periodi di tempo finché, il 29
febbraio 1980, con il Reg. (CEE) 18 febbraio 1980, n. 454, è diventato una
misura di più lunga durata, prevista fino al 30 novembre 1986[3].
Il sopra citato Regolamento
propone anche la seguente definizione in merito:
– diritti di reimpianto: «il diritto di realizzare su una superficie
equivalente, in coltura pura, a quella estirpata, alle condizioni stabilite dal
presente regolamento…»;
– reimpianto: «l’impianto di viti effettuato in virtù di un
diritto reimpianto».
I diritti di reimpianto furono
riproposti nei regolamenti successivi fino al Reg. (UE) 17 dicembre 2013, n.
1308, che ne sanciva la scadenza il 31 dicembre 2015.
Il sistema strutturato e definito
con i diritti d’impianto era un meccanismo nel quale i vigneti non potevano essere
liberamente impiantati, attraverso una previsione di una serie di diritti di reimpianto
che vengono assegnati a quei produttori che hanno proceduto all’espianto delle
proprie vigne e che possono riutilizzarli o commercializzarli e dei diritti di
impianto ex novo, previsti tuttavia in via del tutto eccezionale[4].
L’aspetto che risultava essere
più controverso era proprio quello legato alla commercializzazione di tali
diritti. Il diritto di commercializzazione dei diritti di reimpianto era espressamente
previsto dalla normativa europea ad alcune condizioni. All’art. 92 c. 5 del
Reg. (CE) 29 aprile 2008, n. 479, era previsto che «in deroga al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere che i
diritti di reimpianto possono essere parzialmente o totalmente trasferiti ad
un’altra azienda sul territorio del medesimo Stato membro nei seguenti casi:
a) una parte dell’azienda interessata è trasferita a quest’altra
azienda;
b) le superfici di quest’altra azienda sono destinate:
i) alla produzione di vini a denominazione
di origine protetta o indicazione geografica protetta, o
ii) alla coltura di piante madri per marze».
I diritti di reimpianto dei
vigneti si configuravano quindi come diritti mobili, in quanto non vincolati al
terreno cui si riferiscono e quindi liberamente scambiabili indipendentemente
dal territorio in cui avveniva la connessa estirpazione.
Sostanzialmente, al di là delle
cessioni ad aziende che si dedicano alla coltura di piante madri per marze e al
trasferimento d’azienda, la cessione era concessa a favore di aziende che
avrebbero potuto produrre una denominazione protetta. I principi stessi che
portarono alla previsione dei diritti di impianto prevedevano infatti che alla
diminuzione quantitativa corrispondesse un aumento della qualità della
produzione stessa.
Tale cessione di diritti ha
costituito un ulteriore mercato all’interno del settore vitivinicolo: quello
della commercializzazione dei diritti di reimpianto. Tali diritti sono stati
infatti oggetto di vaste contrattazioni che ne incrementarono il loro valore in
modo esponenziale.
La questione assunse rilevanza
anche in ambito tributario, tuttavia tralascerò questo aspetto.
Le problematiche relative ai
diritti di impianto cessano tuttavia dal 1° gennaio 2016, quando tali diritti
vengono sostituiti dalle agevolazioni. Il nuovo sistema prevede infatti che
tali autorizzazioni siano “gratuite e non
trasferibili”[5].
Come già accennato, il
regolamento (UE) n. 1308/2013 ha previsto l'avvio del nuovo sistema di
"autorizzazioni" per gli impianti viticoli che prevede il rilascio,
previa richiesta, di autorizzazioni all'impianto di nuovi vigneti nel limite
massimo annuo dell'1% della superficie vitata nazionale. Le richieste sono
gestite telematicamente attraverso il SIAN (Sistema Informativo Agricolo
Nazionale). Ulteriori disposizioni in materia sono state emanate con il
regolamento delegato (UE) n. 2015/560 della Commissione del 15 dicembre 2014 e
con il regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/561 della Commissione del 7
aprile 2015. A livello nazionale la normativa sopra richiamata è stata recepita
con Decreto ministeriale del 15 dicembre 2015, n. 12272 "Disposizioni nazionali di attuazione del
regolamento (UE) n.1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente
l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli. Sistema di
autorizzazioni per gli impianti viticoli".
A norma dell’art. 13 del Decreto
ministeriale del 15 dicembre 2015, n. 12272, è data la possibilità a quei
soggetti che sono ancora in possesso dei diritti di impianto di convertirli in
autorizzazioni. I titolari di diritto di impianto possono presentare alla
Regione competente le richieste di conversione in autorizzazione a decorrere
dal 15 settembre 2015 fino al 31 dicembre 2020. L’autorizzazione rilasciata
dalla conversione di un diritto di impianto ha la medesima validità del diritto
che l’ha generata e, qualora non utilizzata, scade entro il 31 dicembre 2023
secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n. 1213 del 19 febbraio 2015.
In sostanza, con il nuovo sistema,
il conduttore che intende procedere alla realizzazione di una superficie vitata
deve essere stato preventivamente autorizzato dalle competenti autorità dello
stato membro. Tale autorizzazione è concessa nei seguenti casi:
1) Conversione in
autorizzazione di un diritto di reimpianto. Come prima descritta a norma
dell’art. 13 del DM n. 12272 del 15 dicembre 2015.
2) Rilascio di autorizzazione
a fronte dell'impegno a estirpare un vigneto di superficie almeno equivalente.
3) Rilascio di autorizzazione
per una nuova superficie vitata.
Però tornando alla domanda principale...Perché?
Una parte del problema ritengo sia relativa al fatto che i diritti venivano acquistati in modo massiccio dalla aziende più grandi, finendo per costituirne un mega "portafoglio", con il rischio di immobilizzare il mercato "oligopolizzandolo". Il sistema delle autorizzazioni invece impedendone la libera commercializzazione costitutiva un sistema più equo.
Cos'altro secondo voi?
NN
[1] Art.
2, c. 1, Reg. (CEE) 17 maggio 1976, n. 1162.
[2] Art.
2, c. 2, Reg. (CEE) 17 maggio 1976, n. 1162: “2. Sono tuttavia esclusi dal divieto di cui al paragrafo 1: a) i nuovi
impianti destinati alla produzione di v.q.p.r.d., negli Stati membri in cui la
produzione di v.q.p.r.d. è stata, nelle campagne 1972/1973, 1973/1974 e
1974/1975 , inferiore al 50 % della produzione totale di vino; b) i nuovi
impianti effettuati in esecuzione di piani di sviluppo delle aziende agricole
alle condizioni fissate dalla direttiva 72/ 159/CEE; c) i nuovi impianti
effettuati negli Stati membri che producono annualmente un quantitativo di vino
inferiore a 5 000 hi, utilizzando uve raccolte nel loro territorio”.
[3] Sulla
questione si rinvia all’interessante questione relativa alla legittimità dei
divieti di impianto. La Corte di Giustizia UE con sentenza 13 dicembre 1979, n.
44, ha risolto la questione: «Tenuto
conto dei principi costituzionali comuni agli Stati membri, delle pratiche
legislative costanti e dell'art. 1 del primo protocollo allegato alla
Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo, il fatto che un atto
istituzionale delle Comunità rechi restrizioni per l'impianto di nuovi vigneti
non può essere considerato incompatibile, in linea di principio, col rispetto
dovuto al diritto di proprietà. Occorre tuttavia che tali restrizioni
perseguano effettivamente scopi di interesse generale propri della Comunità e
non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato
e inaccettabile nelle prerogative del proprietario, tali da ledere la sostanza
stessa del diritto di proprietà».
[4] Reg
(UE) 17 dicembre 2013, n. 1308 (recante organizzazione comune dei mercati dei
prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79,
(CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio), all’articolo 64
stabilisce che: «1. Le richieste ammissibili sono accettate nella loro totalità
qualora esse, in un determinato anno, riguardino una superficie totale non
superiore alla superficie messa a disposizione dallo Stato membro. Ai fini del
presente articolo, gli Stati membri possono applicare uno o più dei seguenti
criteri di ammissibilità oggettivi e non discriminatori: a) il richiedente ha
una superficie agricola non inferiore alla superficie per cui richiede
l'autorizzazione; b) il richiedente possiede sufficienti capacità e competenze
professionali; c) la domanda non pone un rischio palese di usurpazione della
notorietà di denominazioni di origine protetta specifiche, il che si presume
salvo che le autorità pubbliche dimostrino l'esistenza di tale rischio; d) ove
debitamente giustificato, uno o più dei criteri di cui al paragrafo 2, a
condizione che siano applicati in modo obiettivo e non discriminatorio. 2.
Qualora le richieste ammissibili di cui al paragrafo 1, presentate in un
determinato anno, riguardino una superficie totale superiore alla superficie
messa a disposizione dallo Stato membro, le autorizzazioni sono concesse
secondo una distribuzione proporzionale degli ettari a tutti i richiedenti in
base alla superficie per la quale hanno fatto richiesta. Tale concessione può
anche essere parzialmente o completamente attuata secondo uno o più dei
seguenti criteri di priorità oggettivi e non discriminatori: a) produttori che
si insediano per la prima volta in qualità di capo dell'azienda (nuovi operatori);
b) superfici in cui l'impianto di vigneti contribuisce alla conservazione
dell'ambiente; c) superfici da adibire a nuovi impianti nel quadro di progetti
di ricomposizione fondiaria; d) superfici caratterizzate da specifici vincoli
naturali o di altro tipo; e) sostenibilità dei progetti di sviluppo o di
reimpianto in base ad una valutazione economica; f) le superfici da adibire a
nuovi impianti contribuiscono ad aumentare la competitività a livello aziendale
e regionale; g) progetti con il potenziale per migliorare la qualità dei
prodotti con indicazioni geografiche; h) superfici da adibire a nuovi impianti
nell'ottica di accrescere le dimensioni di aziende piccole e medie. 3. Gli
Stati membri pubblicano i criteri di cui ai paragrafi 1 e 2 da essi applicati e
li notificano senza ritardo alla Commissione».
[5]
Art. 2, c. 3, Decreto ministeriale del 15 dicembre 2015, n. 12272
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